Lettera ad un insegnante
Prot. n. 2701/B-12 Vizzini 10/11/2014
OGGETTO: Lettera ad un insegnante
Ho ricevuto una lettera da due insegnanti, che mi chiedono una soluzione alla gestione di due bambini dal comportamento iperattivo e talvolta aggressivo.
Rispondo, anche se non ho soluzioni né ricette, con la speranza che questo mio contributo possa servire come riflessione su un diverso modo e proposta di fare scuola.
Rispettare i tempi di apprendimento del bambino Lo sviluppo di ciascun bambino è realizzabile solo se il bambino in difficoltà è guidato da un adulto che sa aiutarlo nel cammino di crescita e se il bambino collabora con bambini un po' più capaci di lui.
In caso di bambini aggressivi ed oppositivi, il bilancio del comportamento va condiviso con i genitori, per chiedere conferma se il comportamento disturbante si verifica anche a casa, e in quali occasioni. A volte, infatti, l'alunno riporta nell'ambito scolastico meccanismi relazionali, le cui cause ci sfuggono.
La scuola attuale, invertendo un tramontato ordine mentale, deve bandire la fretta e sapersi adeguare alle richieste dell'utenza, non viceversa. Un errore, pertanto, è, soprattutto nella scuola primaria, quello di eccedere nella programmazione:: bisogna rispettare la lentezza e i tempi di apprendimento del bambino. Si può perdere tempo per giocare: il gioco educa alla convivenza civile, al rispetto delle regole.
Una scuola che rassicura e protegge La scuola deve essere come una casa, un luogo accogliente, dove i bambini vanno alla ricerca, dove imparano, insieme con l'insegnante, dove si prendono cura di qualcosa, o di qualcuno.
Una scuola dell'essere e del fare. Una scuola lenta e solidale. Non deve essere quella delle continue verifichefotocopie, di cui i bambini hanno nausea. E neanche quella dei molti compiti da svolgere a casa, per completare i percorsi programmati, in quanto i compiti vengono spesso vissuti come un peso e vengono svolti solo dagli alunni che non hanno problemi. I bambini che hanno problemi personali o familiari non li fanno, o li sbagliano, indisponendo voi insegnanti, che per questo li rimproverate, infierendo con brutti voti.
Curare ciò che è veramente essenziale nell'esistenza. Educare al vero, al giusto, al bello.
E' più importante abituare i bambini alla calligrafia, come pure al piacere della lettura e dell'ascolto di un testo letterario, e, soprattutto, educarli ad una civile convivenza, a quelle buone maniere di cui oggi c'è tanto bisogno, calando nella pratica, con i bambini più grandi, la parola “democrazia”, e affrontando anche problemi seri ed attuali (come, per esempio, la mafia).
La lezione frontale tradizionale non esiste più, dovrebbe essere sostituita dalla discussione (Popper), dalla costruzione collegiale della conoscenza (Bruner) dalla messa in discussione dei luoghi comuni e dalle false pretese di certezza (Fayerabend).
Esiste solo la speranza nella costruzione di valori comuni ed universali che per mantenere in vita richiedono il nostro calore, la nostra attenzione e cura, in ogni momento della vita quotidiana.
Nella scuola, ha detto Papa Francesco, non solo impariamo contenuti importanti, ma anche abitudini e valori. La scuola deve sviluppare il senso del vero, del bene e del bello.
La scuola deve sviluppare l'autostima e dare sicurezza Porre lo studente al centro della scuola significa liberarlo da ogni paura, motivare il lavoro in classe, farne occasione di gioia condivisa da una comunità di compagni, che non siano in competizione.
Spetta all'insegnante decidere come impostare l'intervento, ma è necessario che bambini e ragazzi siano rispettati e responsabilizzati.. Va data loro fiducia. Devono essere sostenuti nei primi tentativi di muoversi autonomamente, di organizzarsi, di riflettere. Altrimenti alcuni, a forza di provare senza riserve, finiscono con il rinunciare, per disperazione, o per diventare aggressivi.
Dovremmo lavorare con i ragazzi attraverso l'empatia, l'amore, l'attenzione, la cura del loro essere.
Anche una parola, un pensiero espresso, un errore, una sofferenza, uno sforzo, può rappresentare uno “studio”.
La scuola deve riconoscere il diritto all'errore e non dare giudizi senza speranza.
Spero che gli insegnanti possano capire, con l'esperienza, che il loro ruolo non è quello di stare al traguardo, ma di incitare lungo il percorso, di mettere in campo tutti i facilitatori possibili, di incoraggiare, di avere pazienza, di valorizzare le risorse di ogni alunno, di emozionare, di imparare insieme agli alunni.
Il ruolo dell'insegnante deve essere caratterizzato da una grande motivazione a non arrendersi.
Come osserva molto bene Daniel Pennac, l'obiettivo della scuola deve essere quello di tirare dentro tutti i ragazzi che restano fuori, di lottare contro la paura dei bambini di non capire la domanda che viene posta loro e di fare la figura del cretino.
“Io ci credevo - racconta lo scrittore - quando i professori mi dicevano che ero un cretino e che quindi non avevo un futuro. Andavo male a scuola. Ogni sera della mia infanzia tornavo a casa perseguitato dalla scuola …
“Capisci? Capisci o no quello che ti spiego?” Non capivo”.
Alunno considerato “asino”, poi capito e salvato da qualche insegnante, egli diventa il professor Pennac, e cita, tra i vari elementi che hanno favorito la sua maturazione, oltre all' azione di insegnanti significativi, la lettura, la figura del padre mai scoraggiato dal suo scoraggiamento, e quello di altri adulti significativi incontrati sulla sua strada.
Vi trasmetto in allegato al presente documento alcuni pensieri tratti dal suo “Diario di scuola”, auspicando che gli insegnanti possano dare ai propri allievi speranza nel futuro.
La D S
Maria Grazia Vagone